sabato 16 febbraio 2013

Architettonicamente scorretto ?


La casa al contrario - Teferns, Austria
Se è vero che ogni architettura nasce per soddisfare un’esigenza – funzionale, estetica, rappresentativa e, ci si augura, un mix di tutte queste – e se è vero che chi ne usufruisce sono poi le persone – e non tanto i progettisti – assume fondamentale importanza il giudizio che, dalle menti al passaparola, arriva a depositarsi sul manufatto architettonico. E’ giusto che sia così, se ammettiamo che il fare architettura sia un mestiere reale! E’ giusto confrontarsi con l’esito che l’architettura ha prodotto, in termini di gradimenti più o meno condivisi, fermo restando che, dal mio punto di vista, è compito del progettista apportare sempre una giusta dose di innovazione poiché è questa che può arricchire l’esperienza e la fruibilità di ogni opera edilizia.

In che modo quindi l’innovazione architettonica si incontra e scontra con il giudizio “popolare” e viene più o meno accolta? Come reagiamo dinanzi all’inconsueto, fatto di spazi, tecnologie, materiali nuovi ?

In modo provocatorio voglio prendere ad esempio “La casa capovolta” progetto dei due architetti polacchi Irek Glowacki e Marek Rozhansk, che di provocante ha senz’altro l’apparenza. Situata a Terfens, in Austria, questa attrazione turistica fa sperimentare un piccolo mondo alla rovescia. Sia esternamente che internamente si mostra rovesciata: appare come se fosse appena precipitata, si regge dal tetto, i soffitti sono pavimenti e tutti gli arredi saldamente ancorati per aria. Assurda quanto divertente, di sicuro assolve al suo compito di attrarre visitatori! Ho voluto prendere questo progetto come provocazione “letterale” di sovversione, più di esteriorità che di intenti, dal momento che chiaramente nessuno potrebbe mai pensare di utilizzarla come casa reale. Esistono però esempi di progetti reali che di provocatorio hanno senza dubbio apparenza, ma anche sostanza. 

La casa al contrario, interni - Teferns, Austria
Questo è certamente un argomento che si presta ad essere trattato in maniera molto approfondita e non ho ovviamente la pretesa di riassumerlo in poche righe. La mia scelta sarà semplicemente quella di selezionare tre architetture famose che, a mio parere, si prestano ad essere simbolo di una progettazione quantomeno ardita … per non dire “sovversiva”, in termini di portata innovativa e di come essi siano stati più o meno apprezzati dal pubblico. 
Desidero scegliere tre esempi appartenenti ad epoche nettamente diverse:
  1. Architettura gotica: La Cattedrale di Reims (1211 – 1475), probabilmente opera di Jean d’Orbais e Jean le Loup;
  2. Architettura moderna: La Cappella di Rochamp, ad opera di Le Corbusier;
  3. Architettura contemporanea: Museo ebraico, di Daniel Libeskind, Berlino.
Luce, colore, ornamento e verticalità per innalzarsi verso l’ultraterreno. Per noi oggi, pur apparendoci certo maestosa e possente, non è difficile capire la ricerca di leggerezza e dunque la straordinaria innovazione che la Cattedrale di Reims ed il gotico rappresentavano a paragone con l’architettura (occidentale) contemporanea e precedente. Abolizione della frontalità – tipica delle chiese romaniche - in favore di una struttura alleggerita e diafana, linee svettanti che apparentemente sfidano la forza di gravità, diagonali che innervano nuovi spazi tesi verso l’alto, verso il cielo, la cui luce è soffusa dalle ricche cromie delle vetrate splendenti nell’oscurità. Esempio di gotico maturo, la Cattedrale di Reims rappresentava per allora il coronamento di un nuovo modo di concepire l’architettura religiosa: dagli spazi scatolari dell’architettura arcaica e quelli additivi tipici del Romanico, giungiamo qui ad un organismo articolato in cui direttrici di forza e punti nodali si materializzano nelle volte a crociera. 

Notre-Dame, Reims -  interni
Notre-Dame, Reims - facciata esterna principale
Molto è successo da Gotico sino agli anni 50’ del XX secolo che ci riportano al secondo esempio da me scelto, anche questa volta una chiesa (prima casualità), per la precisione la cappella di Notre-Dame du Haut presso la collina di Bourlémont a Ronchamp, anche questa volta in Francia (seconda casualità). Dal Medioevo al 1950 l’importanza data all’architettura religiosa è sensibilmente andata a diminuire, la Chiesa ha cessato d’essere il committente principale e la progettazione si è orientata maggiormente verso l’ambito civile. Se il Gotico per la maggior parte aveva prodotto chiese, il Movimento Moderno - il cui uno dei rappresentanti è Le Corbusier - sicuramente si è declinato in più differenti tipi di architetture. La Cappella di Rochamp resta comunque, a mio avviso, un esempio affascinante di architettura moderna religiosa e di come il materiale maggiormente sperimentato all’epoca, ossia il cemento armato, sia utilizzato per dare risalto all’emozionalità, alla sacralità e al mistero. Consacrata nel 1955, si erge su un sito la cui chiesa era stata precedentemente bombardata, durante la Seconda Guerra Mondiale, e della cui ricostruzione viene incaricato Le Corbusier. Si può legittimamente definire un oggetto, considerato come la Cappella appaia dall’esterno straordinariamente scultorea, come un'opera d’arte e ciò non stupisce se si considera la personalità poliedrica di Le Corbusier, architetto, urbanista, designer e pittore. E’ un edificio che ha sorpreso visitatori e critica, anche negativamente, e sorprende tuttora nella sua apparente provocatoria sacralità. Il suo aspetto è più che inconsueto, se pensiamo ad un’architettura religiosa: una chiesa che da fuori appare compatta ed impenetrabile, a pianta quadrata ma dai muri concavi e convessi, con finestre disposte in maniera del tutto irregolare, come feritoie della massiccia parete di una grotta, e quella copertura a vela in cemento nero, che vista da fuori ricorda la forma di una conchiglia, all’interno fa penetrare una lama di luce proprio dove, esternamente, sembrerebbe scaricare il suo peso sulle murature. Gli effetti di luce sono imprevedibili e suggestivi, valorizzati dalla matericità del cemento bianco e talvolta grigio sporco, così i chiaroscuri scolpiscono gli interni. Anche lo spazio circostante è sacro, data la collocazione all’esterno di un altro altare ed in generale la Cappella nel suo complesso organico e scultoreo incute un senso di misticità che pervade altresì lo spazio esterno pertinente. 


Notre-Dame du Haut, Rochamp 
Notre-Dame du Haut, Rochamp - interni
La componente emozionale del vivere gli spazi si carica di forte drammaticità nel progetto del Museo Ebraico realizzato da Daniel Liebeskind a Berlino, aperto nel 2001. Esso pone sicuramente nuovi criteri per l’edilizia museale, che articola le sue forme non solo per l’occasione espositiva, ma per la riflessione, la partecipazione, il percorso emotivo. La progettazione del museo ha le sue basi proprio in ciò che esso ha il compito di raccontare, ossia i circa due millenni di storia degli ebrei in Germania: l’ingresso è reso intenzionalmente difficile e indiretto, per infondere nel visitatore le sensazioni di sfida e di difficoltà che connotano la storia ebraica; il sotterraneo conduce a tre assi - l’Asse dell’olocausto, dell’esilio, della continuità - che simboleggiano i destini del popolo ebraico; alcuni ambienti, dal silenzio o dal rumore ugualmente assordanti, hanno l’unico compito di trasmettere sgomento, straniamento, disagio; vista dall’alto, la pianta ha la forma zigzagante di un fulmine ed il medesimo segno si trova ripetuto nella facciata metallica con un grande valenza simbolica, come fossero squarci, ferite. Il percorso espositivo vuole essere un percorso emozionale e, per quanto mi riguarda, l’intento è pienamente riuscito. 

Museo ebraico, Berlino
Museo ebraico, Berlino - foto aerea
Museo ebraico, Berlino - sala interna
In conclusione quindi, queste tre architetture penso abbiano provocato più di una critica e capovolto, metaforicamente, più di un criterio progettuale. Personalmente ritengo che il giudizio che ciascuno di noi matura dinanzi un’opera architettonica dipenda in moltissima parte dal modo in cui essa riesca a trasmettere la sua innovazione, la sua risposta al problema/esigenza per cui è stata pensata, apportando un miglioramento non solo rispetto alle condizioni di partenza, ma anche rispetto a situazioni similari. Probabilmente, avere l’occasione di conoscere le ragioni di ogni progetto aiuterebbe verso la sua corretta interpretazione, ma poiché la maggior parte degli utilizzatori non si compone di progettisti (e per fortuna!) alla fine ogni valutazione è legittima in quanto soggettiva. Il giudizio di chi vede la Cappella di Rochamp e pensa “questa non può essere una chiesa!” o al contrario quello che la definisce “una chiesa straordinaria!” valgono e servono allo stesso modo per l’evoluzione dei successivi progetti futuri. 

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