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La casa al contrario - Teferns, Austria |
Se è vero che ogni architettura
nasce per soddisfare un’esigenza – funzionale, estetica, rappresentativa e, ci
si augura, un mix di tutte queste – e se è vero che chi ne usufruisce sono poi
le persone – e non tanto i progettisti – assume fondamentale importanza il
giudizio che, dalle menti al passaparola, arriva a depositarsi sul manufatto
architettonico. E’ giusto che sia così, se ammettiamo che il fare architettura
sia un mestiere reale! E’ giusto confrontarsi con l’esito che l’architettura ha
prodotto, in termini di gradimenti più o meno condivisi, fermo restando che,
dal mio punto di vista, è compito del progettista apportare sempre una giusta
dose di innovazione poiché è questa che può arricchire l’esperienza e la
fruibilità di ogni opera edilizia.
In che modo quindi l’innovazione
architettonica si incontra e scontra con il giudizio “popolare” e viene più o
meno accolta? Come reagiamo dinanzi all’inconsueto, fatto di spazi, tecnologie,
materiali nuovi ?
In modo provocatorio voglio
prendere ad esempio “La casa capovolta” progetto dei due architetti polacchi Irek
Glowacki e Marek Rozhansk, che di provocante ha senz’altro l’apparenza. Situata
a Terfens, in Austria, questa attrazione turistica fa sperimentare un piccolo
mondo alla rovescia. Sia esternamente che internamente si mostra rovesciata:
appare come se fosse appena precipitata, si regge dal tetto, i soffitti sono
pavimenti e tutti gli arredi saldamente ancorati per aria. Assurda quanto
divertente, di sicuro assolve al suo compito di attrarre visitatori! Ho voluto
prendere questo progetto come provocazione “letterale” di sovversione, più di
esteriorità che di intenti, dal momento che chiaramente nessuno potrebbe mai
pensare di utilizzarla come casa reale. Esistono però esempi di progetti reali
che di provocatorio hanno senza dubbio apparenza, ma anche sostanza.
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La casa al contrario, interni - Teferns, Austria |
Questo è certamente un argomento che si presta ad essere trattato in
maniera molto approfondita e non ho ovviamente la pretesa di riassumerlo in
poche righe. La mia scelta sarà semplicemente quella di selezionare tre
architetture famose che, a mio parere, si prestano ad essere simbolo di una
progettazione quantomeno ardita … per non dire “sovversiva”, in termini di
portata innovativa e di come essi siano stati più o meno apprezzati dal
pubblico.
Desidero scegliere tre esempi appartenenti ad epoche nettamente
diverse:
- Architettura gotica: La Cattedrale di
Reims (1211 – 1475), probabilmente opera di Jean d’Orbais e Jean le Loup;
- Architettura moderna: La Cappella di
Rochamp, ad opera di Le Corbusier;
- Architettura
contemporanea: Museo ebraico, di Daniel Libeskind, Berlino.
Luce, colore, ornamento e
verticalità per innalzarsi verso l’ultraterreno. Per noi oggi, pur apparendoci certo
maestosa e possente, non è difficile capire la ricerca di leggerezza e dunque
la straordinaria innovazione che la Cattedrale di Reims ed il gotico rappresentavano
a paragone con l’architettura (occidentale) contemporanea e precedente. Abolizione
della frontalità – tipica delle chiese romaniche - in favore di una struttura
alleggerita e diafana, linee svettanti che apparentemente sfidano la forza di
gravità, diagonali che innervano nuovi spazi tesi verso l’alto, verso il cielo,
la cui luce è soffusa dalle ricche cromie delle vetrate splendenti
nell’oscurità. Esempio di gotico maturo, la Cattedrale di Reims rappresentava
per allora il coronamento di un nuovo modo di concepire l’architettura
religiosa: dagli spazi scatolari dell’architettura arcaica e quelli additivi
tipici del Romanico, giungiamo qui ad un organismo articolato in cui direttrici
di forza e punti nodali si materializzano nelle volte a crociera.
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Notre-Dame, Reims - interni |
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Notre-Dame, Reims - facciata esterna principale |
Molto è successo da Gotico sino
agli anni 50’ del XX secolo che ci riportano al secondo esempio da me scelto,
anche questa volta una chiesa (prima casualità), per la precisione la cappella
di Notre-Dame du Haut presso la collina di
Bourlémont a Ronchamp, anche questa volta in Francia (seconda casualità). Dal
Medioevo al 1950 l’importanza data all’architettura religiosa è sensibilmente
andata a diminuire, la Chiesa ha cessato d’essere il committente principale e
la progettazione si è orientata maggiormente verso l’ambito civile. Se il
Gotico per la maggior parte aveva prodotto chiese, il Movimento Moderno - il
cui uno dei rappresentanti è Le Corbusier - sicuramente si è declinato in più
differenti tipi di architetture. La Cappella di Rochamp resta comunque, a mio
avviso, un esempio affascinante di architettura moderna religiosa e di come il
materiale maggiormente sperimentato all’epoca, ossia il cemento armato, sia
utilizzato per dare risalto all’emozionalità, alla sacralità e al mistero. Consacrata
nel 1955, si erge su un sito la cui chiesa era stata precedentemente
bombardata, durante la Seconda Guerra Mondiale, e della cui ricostruzione viene
incaricato Le Corbusier. Si può legittimamente definire un oggetto, considerato
come la Cappella appaia dall’esterno straordinariamente scultorea, come un'opera d’arte e ciò non stupisce se si considera la personalità poliedrica di Le
Corbusier, architetto, urbanista, designer e pittore. E’ un edificio che ha
sorpreso visitatori e critica, anche negativamente, e sorprende tuttora nella
sua apparente provocatoria sacralità. Il suo aspetto è più che inconsueto, se
pensiamo ad un’architettura religiosa: una chiesa che da fuori appare compatta
ed impenetrabile, a pianta quadrata ma dai muri concavi e convessi, con
finestre disposte in maniera del tutto irregolare, come feritoie della
massiccia parete di una grotta, e quella copertura a vela in cemento nero, che
vista da fuori ricorda la forma di una conchiglia, all’interno fa penetrare una
lama di luce proprio dove, esternamente, sembrerebbe scaricare il suo peso
sulle murature. Gli effetti di luce sono imprevedibili e suggestivi, valorizzati
dalla matericità del cemento bianco e talvolta grigio sporco, così i
chiaroscuri scolpiscono gli interni. Anche lo spazio circostante è sacro, data
la collocazione all’esterno di un altro altare ed in generale la Cappella nel
suo complesso organico e scultoreo incute un senso di misticità che pervade altresì lo spazio esterno pertinente.
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Notre-Dame du Haut, Rochamp |
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Notre-Dame du Haut, Rochamp - interni |
La componente emozionale del vivere gli spazi si carica di forte
drammaticità nel progetto del Museo Ebraico realizzato da Daniel Liebeskind a Berlino,
aperto nel 2001. Esso pone sicuramente nuovi criteri per l’edilizia museale, che
articola le sue forme non solo per l’occasione espositiva, ma per la
riflessione, la partecipazione, il percorso emotivo. La progettazione del museo
ha le sue basi proprio in ciò che esso ha il compito di raccontare, ossia i circa
due millenni di storia degli ebrei in Germania: l’ingresso è reso
intenzionalmente difficile e indiretto, per infondere nel visitatore le
sensazioni di sfida e di difficoltà che connotano la storia ebraica; il
sotterraneo conduce a tre assi - l’Asse dell’olocausto, dell’esilio, della
continuità - che simboleggiano i destini del popolo ebraico; alcuni ambienti,
dal silenzio o dal rumore ugualmente assordanti, hanno l’unico compito di
trasmettere sgomento, straniamento, disagio; vista dall’alto, la pianta ha la forma zigzagante di un fulmine ed il medesimo segno si trova ripetuto nella facciata
metallica con un grande valenza simbolica, come fossero squarci, ferite. Il
percorso espositivo vuole essere un percorso emozionale e, per quanto mi
riguarda, l’intento è pienamente riuscito.
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Museo ebraico, Berlino |
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Museo ebraico, Berlino - foto aerea |
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Museo ebraico, Berlino - sala interna |
In conclusione quindi, queste tre architetture penso abbiano provocato
più di una critica e capovolto, metaforicamente, più di un criterio
progettuale. Personalmente ritengo che il giudizio che ciascuno di noi matura
dinanzi un’opera architettonica dipenda in moltissima parte dal modo in cui
essa riesca a trasmettere la sua innovazione,
la sua risposta al problema/esigenza per cui è stata pensata, apportando un miglioramento non solo
rispetto alle condizioni di partenza, ma anche rispetto a situazioni similari.
Probabilmente, avere l’occasione di conoscere le ragioni di ogni progetto
aiuterebbe verso la sua corretta interpretazione, ma poiché la maggior parte
degli utilizzatori non si compone di progettisti (e per fortuna!) alla fine
ogni valutazione è legittima in quanto soggettiva. Il giudizio di chi vede la
Cappella di Rochamp e pensa “questa non può essere una chiesa!” o al contrario quello
che la definisce “una chiesa straordinaria!” valgono e servono allo stesso modo
per l’evoluzione dei successivi progetti futuri.
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