Nel paese di Ulassai, situato nell’entroterra della
Sardegna, ad ogni bambino viene
raccontata una antica leggenda, di generazione in generazione. Si dice che
tanto tempo fa (ma probabilmente questa storia è basata su un avvenimento
realmente accaduto nel 1861) una abitazione fosse stata travolta da una frana,
precipitata dalle montagne che circondano il paese. Pare che tre bambine
fossero rimaste uccise e solo una fosse riuscita a sopravvivere, portando tra
le sue dita un nastro azzurro.
L’8 Settembre del 1988 ancora una volta la vita del paese di
Ulassai fu stretta da un nastro azzurro, ma questa volta non per celebrare una
tragedia, ma per diventare protagonista di un’opera d’arte.
Maria Lai |
Maria Lai, scomparsa lo scorso 16 Aprile a 93 anni, è nata
proprio ad Ulassai, e sebbene abbia trascorso la sua vita tra Roma, Venezia e
Cagliari, ha avuto nel suo paese natìo un solido punto di riferimento e una
fonte d’ispirazione per la sua produzione. Dopo i suoi studi di scultura presso l’Accademia
di Belle Arti di Venezia, e gli anni d’insegnamento
a Cagliari, Maria Lai scoprì questo forte legame con la tradizione sarda
durante gli anni Sessanta, quando a Roma diventò la dirimpettaia dello scrittore
Giuseppe Dessì, e cominciò ad appassionarsi ad alcuni dei più genuini e
semplici elementi delle tradizioni sarde
più antiche, l’utilizzo del pane, il telaio, le storie e le leggende.
Ma lo strumento che sicuramente si avvicina di più alla personalità di Maria è il telaio. Questo strumento venne interpretato dall’artista come medium per eccellenza per i racconti delle figure femminili.
L’artista stessa ha vissuto in prima persona anni durissimi per l’emancipazione femminile, gli anni ’30 e ’40 italiani, quando una società fascista e profondamente maschilista impediva l’emergere di donne talentuose, soprattutto nel mondo dell’arte. Il suo primo grande motivo di frustrazione in questo senso fu l’incontro – scontro con Alberto Viani, suo insegnante all’Accademia di Belle Arti di Venezia, che mal giudicava le figure femminili in campo artistico. Il telaio diventò quindi tra le mani di Maria Lai un mezzo fondamentale per l’espressione delle donne, che utilizzano fili e tessuti per costruire le loro storie, e raccontarsi raccontando.
Il telaio diventò protagonista della sua produzione artistica com’è dimostrato dai primi ricami e tappeti realizzati da lei, fino alla serie dei “Telai”, in cui i tessuti si trasformano in strutture a tutto tondo.
Ma lo strumento che sicuramente si avvicina di più alla personalità di Maria è il telaio. Questo strumento venne interpretato dall’artista come medium per eccellenza per i racconti delle figure femminili.
L’artista stessa ha vissuto in prima persona anni durissimi per l’emancipazione femminile, gli anni ’30 e ’40 italiani, quando una società fascista e profondamente maschilista impediva l’emergere di donne talentuose, soprattutto nel mondo dell’arte. Il suo primo grande motivo di frustrazione in questo senso fu l’incontro – scontro con Alberto Viani, suo insegnante all’Accademia di Belle Arti di Venezia, che mal giudicava le figure femminili in campo artistico. Il telaio diventò quindi tra le mani di Maria Lai un mezzo fondamentale per l’espressione delle donne, che utilizzano fili e tessuti per costruire le loro storie, e raccontarsi raccontando.
Il telaio diventò protagonista della sua produzione artistica com’è dimostrato dai primi ricami e tappeti realizzati da lei, fino alla serie dei “Telai”, in cui i tessuti si trasformano in strutture a tutto tondo.
"Telaio del Meriggio" 1967, Tecnica mista. |
Nastro e tessuto sono protagonisti dell’installazione che
invase il paese di Ulassai l’8 Settembre del 1988. Chiamata a realizzare un
Monumento per i Caduti del paese, Maria Lai rifiutò e propose un progetto
artistico alternativo, gettando il paese nel caos. Maria volle realizzare un’opera
d’arte non per i morti, ma per i vivi e reinterpretando l’antica leggenda del
paese di Ulassai, ne “legò” fisicamente le case e gli abitanti con un nastro
azzurro lungo 27 km. L’idea fu in un
primo momento giudicata folle, poiché come in tutte le piccole comunità spesso
i rapporti sociali tra una casa e l’altra non erano soltanto di amicizia, ma
anche questo problema trovò una sua soluzione.
I cittadini furono chiamati a dividere enormi drappi di tessuto azzurro in nastri, e poi, a partire dal picco roccioso più alto delle montagne a ridosso del paese, ogni casa fu avvolta e legata da questo lungo nastro, suggellando con un nodo i rapporti di amicizia tra vicini di casa, e con una assenza di nastro gli eventuali conflitti. Laddove poi ci fosse stato un rapporto di forte affetto e amore, al nastro sarebbe stato legato un pane tipico del luogo, il “Pani pintau”. In questo modo, il paese e i suoi stessi meccanismi interni furono uniti e espressi per mano dei cittadini stessi.
Quel giorno donne, bambini, anziani, adulti e giovani lavorarono insieme per celebrare il proprio paese e dare sfogo alla sua vitalità, diventando così un tutt’uno con quelle rocce e quelle montagne che spesso hanno portato morte e distruzione, ma che sono parte integrante della vita del paese stesso.
I cittadini furono chiamati a dividere enormi drappi di tessuto azzurro in nastri, e poi, a partire dal picco roccioso più alto delle montagne a ridosso del paese, ogni casa fu avvolta e legata da questo lungo nastro, suggellando con un nodo i rapporti di amicizia tra vicini di casa, e con una assenza di nastro gli eventuali conflitti. Laddove poi ci fosse stato un rapporto di forte affetto e amore, al nastro sarebbe stato legato un pane tipico del luogo, il “Pani pintau”. In questo modo, il paese e i suoi stessi meccanismi interni furono uniti e espressi per mano dei cittadini stessi.
Quel giorno donne, bambini, anziani, adulti e giovani lavorarono insieme per celebrare il proprio paese e dare sfogo alla sua vitalità, diventando così un tutt’uno con quelle rocce e quelle montagne che spesso hanno portato morte e distruzione, ma che sono parte integrante della vita del paese stesso.
"Legarsi alla montagna" 1988 - Ulassai. |
Per molti anni questa performance artistica non fu
apprezzata dalla critica nazionale, e Maria Lai venne accusata di aver
semplicemente trovato un pretesto per una festa cittadina. Ma negli ultimi anni
questo approccio artistico venne valorizzato, e “Legarsi alla Montagna” venne
interpretato come esperimento di performance artistica in cui lo spettatore si
ritrova ad essere fruitore e protagonista allo stesso tempo, e divenne quindi
un passo fondamentale nella nuova concezione dell’arte contemporanea.
Effettivamente l’opera di Ulassai segnò anche l’inizio di
una trasformazione stessa del paese, che passo dopo passo si trasformò in un
museo a cielo aperto fino alla fondazione della Stazione dell’Arte – Ulassai,
un centro d’arte contemporanea voluto dall’artista stessa, e che dal 2006 ospita
molte sue opere e produzioni.
Il 16 Aprile è scomparsa una delle più significative
artiste italiane e sicuramente la più sensibile nel panorama artistico sardo. Maria
Lai è e sarà sempre ricordata come una profonda mediatrice tra la tradizione
sarda più antica e la più aperta sensibilità artistica internazionale. Ma in
Sardegna verrà ricordata soprattutto come colei che ha saputo raccogliere la
bellezza della sua isola trasformandola in poesia, rendendola così immortale.
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