sabato 11 maggio 2013

Legare - I nastri di Maria Lai.

Nel paese di Ulassai, situato nell’entroterra della Sardegna,  ad ogni bambino viene raccontata una antica leggenda, di generazione in generazione. Si dice che tanto tempo fa (ma probabilmente questa storia è basata su un avvenimento realmente accaduto nel 1861) una abitazione fosse stata travolta da una frana, precipitata dalle montagne che circondano il paese. Pare che tre bambine fossero rimaste uccise e solo una fosse riuscita a sopravvivere, portando tra le sue dita un nastro azzurro.
L’8 Settembre del 1988 ancora una volta la vita del paese di Ulassai fu stretta da un nastro azzurro, ma questa volta non per celebrare una tragedia, ma per diventare protagonista di un’opera d’arte.

Maria Lai


Maria Lai, scomparsa lo scorso 16 Aprile a 93 anni, è nata proprio ad Ulassai, e sebbene abbia trascorso la sua vita tra Roma, Venezia e Cagliari, ha avuto nel suo paese natìo un solido punto di riferimento e una fonte d’ispirazione per la sua produzione.  Dopo i suoi studi di scultura presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia,  e gli anni d’insegnamento a Cagliari, Maria Lai scoprì questo forte legame con la tradizione sarda durante gli anni Sessanta, quando a Roma diventò la dirimpettaia dello scrittore Giuseppe Dessì, e cominciò ad appassionarsi ad alcuni dei più genuini e semplici elementi  delle tradizioni sarde più antiche, l’utilizzo del pane, il telaio, le storie e le leggende.  
Ma lo strumento che sicuramente si avvicina di più alla personalità di Maria è il telaio. Questo strumento venne interpretato dall’artista come medium per eccellenza per i racconti delle figure femminili. 
L’artista stessa ha vissuto in prima persona anni durissimi per l’emancipazione femminile,  gli anni ’30 e ’40 italiani, quando una società fascista e profondamente maschilista impediva l’emergere di donne talentuose, soprattutto nel mondo dell’arte.  Il suo primo grande motivo di frustrazione  in questo senso fu l’incontro – scontro con Alberto Viani, suo insegnante all’Accademia di Belle Arti di Venezia, che mal giudicava le figure femminili in campo artistico. Il telaio diventò quindi tra le mani di Maria Lai un mezzo fondamentale per l’espressione delle donne, che utilizzano fili e tessuti per costruire le loro storie,  e raccontarsi raccontando. 
Il telaio diventò protagonista della sua produzione artistica com’è dimostrato dai primi ricami e tappeti realizzati da lei, fino alla serie dei “Telai”, in cui i tessuti si trasformano in strutture a tutto tondo.

"Telaio del Meriggio" 1967, Tecnica mista.

Nastro e tessuto sono protagonisti dell’installazione che invase il paese di Ulassai l’8 Settembre del 1988. Chiamata a realizzare un Monumento per i Caduti del paese, Maria Lai rifiutò e propose un progetto artistico alternativo, gettando il paese nel caos. Maria volle realizzare un’opera d’arte non per i morti, ma per i vivi e reinterpretando l’antica leggenda del paese di Ulassai, ne “legò” fisicamente le case e gli abitanti con un nastro azzurro lungo 27 km.  L’idea fu in un primo momento giudicata folle, poiché come in tutte le piccole comunità spesso i rapporti sociali tra una casa e l’altra non erano soltanto di amicizia, ma anche questo problema trovò una sua soluzione.  
I cittadini furono chiamati a dividere enormi  drappi di tessuto azzurro in nastri, e poi, a partire dal picco roccioso più alto delle montagne a ridosso del paese,  ogni casa fu avvolta e legata da questo lungo nastro, suggellando con un nodo i rapporti di amicizia tra vicini di casa, e con una assenza di nastro gli eventuali conflitti. Laddove poi ci fosse stato  un rapporto di forte affetto e amore, al nastro sarebbe stato legato un pane tipico del luogo, il “Pani pintau”.  In questo modo, il paese e i suoi stessi meccanismi interni furono uniti e espressi per mano dei cittadini stessi. 
Quel giorno donne, bambini, anziani, adulti e giovani lavorarono insieme per celebrare il proprio paese e dare sfogo alla sua vitalità, diventando così un tutt’uno con quelle rocce e quelle montagne che spesso hanno portato morte e distruzione, ma che sono parte integrante della vita del paese stesso.

"Legarsi alla montagna" 1988 - Ulassai.

Per molti anni questa performance artistica non fu apprezzata dalla critica nazionale, e Maria Lai venne accusata di aver semplicemente trovato un pretesto per una festa cittadina. Ma negli ultimi anni questo approccio artistico venne valorizzato, e “Legarsi alla Montagna” venne interpretato come esperimento di performance artistica in cui lo spettatore si ritrova ad essere fruitore e protagonista allo stesso tempo, e divenne quindi un passo fondamentale nella nuova concezione dell’arte contemporanea.
Effettivamente l’opera di Ulassai segnò anche l’inizio di una trasformazione stessa del paese, che passo dopo passo si trasformò in un museo a cielo aperto fino alla fondazione della Stazione dell’Arte – Ulassai, un centro d’arte contemporanea voluto dall’artista stessa, e che dal 2006 ospita molte sue opere e produzioni.


Il 16 Aprile è scomparsa una delle più significative artiste italiane e sicuramente la più sensibile nel panorama artistico sardo. Maria Lai è e sarà sempre ricordata come una profonda mediatrice tra la tradizione sarda più antica e la più aperta sensibilità artistica internazionale. Ma in Sardegna verrà ricordata soprattutto come colei che ha saputo raccogliere la bellezza della sua isola trasformandola in poesia, rendendola così immortale.

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